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Brochure per i pazienti

 CHE COS'E' LA MEDICINA OMEOPATICA UNICISTA?

La nostra medicina ufficiale (detta “medicina allopatica”), quella a cui siamo abituati, utilizza solitamente un farmaco per ogni sintomo (ad es. uno per i disturbi addominali, uno per la cefalea, uno per l'ansia, ecc.)  e l'azione del farmaco si oppone al disturbo che l'organismo presenta (se si tratta ad es. di diarrea verrà somministrato un farmaco in grado di bloccare o limitare la motilità intestinale e analogamente per gli altri sintomi).

Nell'ottica della medicina ufficiale l'individuo viene cioè scomposto in parti e può presentare più malattie, contemporaneamente o in successione, sovente senza che venga individuata una correlazione tra loro.
La medicina omeopatica unicista invece utilizza un farmaco singolo (chiamato rimedio) che comprende la totalità dei sintomi e delle caratteristiche del paziente.

Come si arriva a prescrivere un solo farmaco ?

Ovviamente non si può prescrivere solo sulla base dei sintomi che il paziente presenta (in questo caso saremmo obbligati a usare un farmaco per ogni disturbo), ma l'obiettivo è trovare il filo conduttore che caratterizza il paziente e giustifica i vari disturbi comparsi anche in periodi differenti della vita.

Il trucco sta nell'individualizzare il paziente, ovvero nel cercare ciò che vi è di peculiare in lui che lo differenzi da tutti gli altri soggetti affetti dalla stessa malattia.

In questo modo, ovvero cercando di considerare i sintomi caratteristici, specifici del paziente (es. la mancanza di sete in un paziente febbricitante con traspirazione, o il desiderio di mangiare durante il mal di testa, ecc.) si riesce a trovare quel ristretto numero di rimedi che, somministrati ad un soggetto sano, presentano quei sintomi peculiari.
Tra questi ve ne sarà uno in grado di coprire tutti i sintomi  e le caratteristiche del paziente nella sua globalità.

Non è questo l'unico aspetto da considerare nella scelta del rimedio. Per una prescrizione corretta occorre valutare anche:
l'aspetto miasmatico del paziente (la predominanza di uno dei tre miasmi).

Quindi, abbiamo visto che, tra quei rimedi che presentano quei sintomi peculiari del paziente, ve ne sarà uno in grado di coprire tutti i sintomi  e le caratteristiche del paziente nella sua globalità o, per meglio dire,  in grado di scatenare gli stessi sintomi nel soggetto sano.

Esatto, in grado di scatenare gli stessi sintomi. Infatti il farmaco che viene prescritto è in grado di provocare, quando somministrato nel soggetto sano, i disturbi che presenta il malato.


Ricordiamo come nacque la medicina omeopatica.

Samuel Hahnemann, padre della medicina omeopatica, era un medico cattedratico della Sassonia della fine del '700. Traducendo un trattato di medicina di quel tempo si rese conto che gli operai addetti alla lavorazione della china erano soggetti alla "febbre di palude", ovvero alla febbre tipica della malaria.

Quindi la china, che cura la malaria, è in grado di provocare lo stesso tipo di febbre che è in grado di curare (legge di similitudine)

Ovvero la china è in grado di guarire le "febbri di palude" perchè in grado di provocarle.

Si mise a provare su se stesso e su volontari sani la china e centinaia di sostanze, anche tossiche per scoprire quali sintomi provocassero. Per assumere tali sostanze nocive dovette per forza diluirle e, per assicurarsi una concentrazione omogenea del soluto nel solvente , impresse al contenitore un certo numero di scossoni (che poi chiamò "dinamizzazioni").

Continuando nella diluizione si accorse che mano a mano che diminuiva la concentrazione della sostanza tossica, di pari passo ovviamente si riduceva l'effetto primario tossico della sostanza, ma contemporaneamente si evidenziava l'effetto secondario dell'organismo, che prima veniva nascosto dagli effetti nocivi primari della sostanza.

E' questo effetto secondario che diventa terapeutico in medicina omeopatica.


PROVING
La somministrazione delle sostanze diluite e dinamizzate si chiama “proving”e oggi viene condotta con il metodo scientifico del “doppio cieco”. Vengono divisi i volontari in due gruppi, ad uno vengono somministrati granuli impregnati della sostanza diluita e dinamizzata, all'altro gruppo, detto di controllo, granuli senza l'impregnazione. Né i volontari né gli addetti ai lavori conoscono l'appartenenza dei soggetti ai due gruppi, per non essere influenzati.

I provings vengono effettuati di solito con sostanze diluite alla 30 CH ( vedi nota 3 pagina precedente). I sintomi comuni e coerenti che vengono presi in considerazione, emersi nel gruppo di volontari che hanno ricevuto il rimedio, sono decine o centinaia , a seconda del rimedio. Vengono classificati in rubriche per comodità di consultazione su archivio cartaceo o informatizzato.

La raccolta dei sintomi avviene in maniera coerente con il metodo sperimentale e quindi ripetibile nel tempo. Sono stati rifatti i provings effettuati al tempo di Hahnemann (a quel tempo non veniva usato il metodo del “doppio cieco”) e sono emersi dati statisticamente sovrapponibili.

Si tenga  presente che dopo la 12 CH circa siamo oltre il numero di Avogadro ( ovvero non vi è più molecola della sostanza nella soluzione, anche se in grado di provocare i sintomi che vengono registrati nei soggetti sperimentatori).

Questi sintomi compaiono sia a livello fisico che a livello mentale: ogni sostanza, diluita e dinamizzata, sottoposta a volontari sani, induce la comparsa di un quadro mentale, caratteriale e fisico unico nella sua peculiarità.

Essi vengono considerati nella loro interezza, così come viene considerato il paziente come unità unica ed irripetibile.

 

UNICITA' DI CIASCUN PAZIENTE

Non si confrontano semplicemente i sintomi nella loro globalità del rimedio con quelli emersi dal proving.

Occorre a questo punto  valutare cosa vi sia di peculiare nel paziente che lo rende unico, che lo differenzia dagli altri pazienti (ad esempio cosa caratterizza un paziente iperteso dagli altri ipertesi), quali siano i sintomi che individualizzano il soggetto, i sintomi storici, cioè le caratteristiche presenti da sempre, i sintomi recenti, quelli locali e quelli generali.

Tanto più il rimedio corrisponde al paziente nella sua totalità, cioè tanto più è simile a lui, tanto maggiore sarà il suo effetto terapeutico.

La somministrazione del simillimum produrrà una reazione secondaria dell'organismo in grado di ripristinare lo stato di salute ( sovente dopo una possibile crisi iniziale di aggravamento di breve durata).

In questa ottica non si prescrive il rimedio considerando la patologia, o le patologie, presenti in quel momento, ma il malato.

Sappiamo che ogni rimedio (ovvero la parte malata di ognuno di noi) ha un suo modo specifico di ammalarsi, e che ogni organo può essere interessato, magari in momenti diversi della vita, ma sempre con la stessa modalità.
Quando interverranno dei cambiamenti sarà necessario cambiare il rimedio.
Sappiamo inoltre che ogni manifestazione patologica non va considerata a sé stante, ma probabilmente espressione del miasma predominante. 

“Non esiste la malattia, esiste il malato”

“Si deve curare il malato, non la malattia”    (Dr Paschero)

GRAZIE PER L'ATTENZIONE                                                           

Dott. Marco Colla

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